Riserva Naturale Forra del Cellina

La Riserva Naturale Forra del Cellina è una delle 12 riserve naturali presenti nella Regione Friuli Venezia Giulia.

È stata istituita nel 1998 individuando il suo territorio tra le Aree di Reperimento indicate nella Legge Regionale n. 42/96 (“Norme in materia di parchi e riserve regionali”).

La Riserva si trova nelle Prealpi Carniche ed interessa parte dei territori dei comuni di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina per un’estensione complessiva di 304 ettari. Si sviluppa tra i versanti del monte Fara ad Est e del Montelonga ad Ovest.

La massima elevazione è rappresentata dal monte I Cameroni (1470 metri s.l.m.), mentre la quota del fondovalle si aggira attorno ai 330 metri s.l.m.

La Riserva interessa la parte più significativa della grande incisione valliva scavata dal torrente Cellina nei calcari di età cretacica che costituiscono i rilievi che separano la conca di Barcis dalla pianura.

 

L’aspetto morfologico è quello di un grande canyon, il maggiore della regione e senz’altro uno dei più spettacolari d’Italia, con pareti verticali e imponenti fenomeni di erosione fluviale. Un vero e proprio “sistema” di forre, confluenti l’una nell’altra, relativo ai corsi dei torrenti Alba,Molassa e Cellina.

Sulle pareti verticali di queste profonde incisioni sono ben documentate le morfologie legate all’azione erosiva dell’acqua: marmitte di erosione, sottoescavazioni e rocce levigate. Queste forme caratterizzano la parte bassa e media dei versanti, mentre nelle zone più elevate vengono mascherate, cancellate e sostituite da quelle dovute alla fratturazione della roccia, all’azione del gelo e disgelo e della gravità.

La maggior parte del territorio della Riserva è costituito da rocce carbonatiche. Questo ha determinato l’instaurarsi di fenomeni di dissoluzione che hanno dato luogo a morfologie di tipo carsico. Si possono osservare sia forme carsiche di superficie (doline, scannellature, campi solcati e vaschette di corrosione), che forme carsiche ipogee (pozzi, grotte, gallerie). Queste ultime raggiungono la loro massima espressione nel sistema di cavità denominato “Grotte Vecchia Diga”.

Nella zona del Dint (ad Est del Centro visite) affiorano formazioni rocciose di tipo diverso (Flysch di Clauzetto e Scaglia Rossa).Si tratta di rocce più tenere dei calcari che danno luogo a morfologie più dolci e che, a causa della diversa composizione chimica, non sono interessate dal fenomeno carsico.

La Riserva si caratterizza anche per alcune peculiarità floristiche e vegetazionali legate alle particolari condizioni microclimatiche dell’area, dovute a esposizioni dei versanti variabili, situazioni geo-pedologiche diversificate e quote che vanno dai 315 ai 1470 metri s.l.m.

Di particolare interesse sono le boscaglie di forra a carpino nero con presenza di tasso, di giglio dorato e della rosacea Spiraea decumbens ssp. tormentosa. A testimonianza del rigido microclima locale è facile trovare, anche alla base dei versanti, cespugli di erica e rododendro che normalmente occupano postazioni più elevate.

Nella parte alta dei versanti, e nelle situazioni di minor acclività, sono presenti interessanti esempi di faggete su terreni calcarei. Le conoidi detritiche ed i ghiaioni sono colonizzati dalla tipica flora glareicola che comprende il geranio crestato, l’ombrellifera Athamanta cretesi, la sassifraga gialla e la felce del calcare. Le rocce strapiombanti della forra sono ornate dai cespi violacei della campanula carnica e dal particolarissimo raponzolo di roccia.

La consistenza faunistica della Riserva non è elevata, ma si esplicita con la presenza di numerose specie che non trovano facile riscontro in ambienti similari. L’abbandono delle attività umane e la particolare morfologia del territorio hanno permesso un rapido sviluppo delle popolazioni animali, soprattutto di quelle più diffidenti alla presenza umana. Specie nidificanti nell’area sono: il falco pellegrino, l’aquila reale, la poiana, la rondine montana, il gheppio, il gufo reale, la civetta capogrosso ed il merlo acquaiolo. Tra gli ungulati vanno menzionati: il camoscio sulla Croda del Pic, il capriolo e il cervo. Abbastanza diffusi anche altri mammiferi quali: il tasso, la volpe, la faina, lo scoiattolo ed il ghiro, nonché alcune specie di micromammiferi.

La trota fario è presente sia nelle acque del Cellina che del Molassa mentre nei luoghi più umidi è facile incontrare il rospo comune, la salamandra pezzata, il tritone alpestre, l’ululone dal ventre giallo e varie specie di rane. Nella forra vivono anche alcuni rettili: la comune biscia d’acqua e la natrice tessellata; nei macereti di frana e sui ghiaioni è possibile osservare: la vipera dal corno, il ramarro, il colubro liscio, l’orbettino e la vipera comune.

Questo ambito naturalistico assume una particolare valenza storica per la presenza di alcune opere per lo sfruttamento a fini idroelettrici delle acque del Cellina e per il passaggio della vecchia strada della Valcellina. Agli inizi del 1900 all’interno della forra venne realizzata una diga di presa (la “vecchia diga”) e un canale adduttore per deviare e portare le acque del Cellina alla Centrale di Malnisio. Questi impianti furono tra i primi di tipo industriale ad essere realizzati in Italia.

La costruzione di queste opere risolse anche l’annosa questione della viabilità in Valcellina, che era collegata alla pianura solo attraverso il sentiero di Sant’Antonio lungo la val de Crous tra il monte Fara e il monte Jouf. La realizzazione di una strada carrozzabile lungo la forra fu possibile grazie all’allargamento della strada di servizio per la costruzione della “vecchia diga” e del canale di alimentazione della centrale. Il primo tracciato partiva dal cimitero di Montereale e si collegava alla viabilità esistente (all’interno della valle) in località Molassa. Questo percorso subì alcune varianti negli anni ’20, ’30 e ’50 del 1900 e venne utilizzato fino al 1992