Torrente Cellina

A dare il nome alla Valcellina è il torrente Cellina che, come ogni buon protagonista dello spettacolo, dà grande mostra di sé, della sua bravura, della sua durata e della sua bellezza, nello scorrere lungo anse, curve, rettilinei. Come ogni buon protagonista, sa che deve ringraziare tutti gli altri torrenti o rii che ad esso si aggiungono e che lo ingrandiscono, lo nobilitano, dandogli la forza di arrivare sino in fondo.

 

Le sorgenti del torrente Cellina si trovano in provincia di Pordenone a circa 650 metri sul livello del mare, in una località chiamata “Margons”, nel comune di Claut, ma il loro punto d’origine è situato sul monte la Gialina, a 1634 metri sul livello del mare.

 

All’inizio è timido: fa appena capolino da dietro sassi e massi di non eccessive dimensioni e se ne và giù, verso Claut quasi in sordina, come se non volesse disturbare chi gli sta intorno. Anticamente era anche praticabile e veniva utilizzato per la fluitazione dei tronchi degli alberi che i boscaioli valligiani tagliavano a monte e che venivano utilizzati dall’industria.

 

Il Cellina è lungo 58 chilometri e percorre la Valcellina per una trentina di chilometri. Dopo la diga di Ravedis le sue acque scompaiono nell’immenso ghiaione che si è depositato nei secoli e che forma il lungo-metraggio (per restare nei termini dello spettacolo cinematografico) che si avvia oltre il ponte della ferrovia, nelle vicinanze di Monterale Valcellina, scorrendo nel sottosuolo, fino ad incrociare più a valle le acque del fiume Meduna e riapparire in superficie unito ad esso in un abbraccio, nella zona delle risorgive nel territorio compreso tra Vivaro e Cordenons, dove riceve l’ultimo applauso dei suoi estimatori. Da qui poi proseguono insieme sino a confluire nel fiume Livenza.

 

Importati sono anche il rio Varma, il rio Plangiara, il rio de Raudelin, il rio Goleta, il rio Parnans, il rio Carpinedo, il rio Chiavrui, il torrente Caltea, il torrente Ledron, il torrente Pentina, il torrente Prescudin ed il torrente Molassa, oltre alle varie sorgenti come quella solforosa in val Pentina, la Molinàt e la sorgente Frassino. Ingrossano la sua portata anche innumerevoli piccoli rii e ruscelli fino all’altezza di Barcis (a 402 metri) imbrigliati tutti dalla diga artificiale che forma in tal modo il verdissimo lago Apriliis, lungo 4 mila 500 metri e largo 500 metri, nelle cui acque si specchiano le montagne che fanno da scenografia al grazioso paese.

 

Il Cellina scorre dolcemente e lascia intravedere, attraverso la sua trasparenza, un fondo ghiaioso.

 

Da dove nasce fino a dove va a finire, tra gole, dirupi, insenature e salti, il Cellina assume colorazioni e trasparenze straordinarie a seconda il luogo, l’ampiezza del suo letto, della sua profondità, dei contorni montuosi o collinari insomma dove si trova a passare.

 

Il sole  e le ombre si combinano caleidoscopicamente nell’arco della giornata e nei diversi mesi dell’anno, facendo assumere al Cellina le tonalità più svariate: dalla trasparenza dell’acqua limpida e chiara al verde cupo dei boschi che in esso si specchiano. In mezzo a questi due estremi l’occhio attento può godere della fantasmagoria delle colorazioni che questo magico torrente ci offre. Un torrente con una buona portata d’acqua che a volte corre forte, altre volte scivola lento sopra i sassi bianchi del suo fondo o incupendosi in ghirigori laddove la profondità è maggiore e trova ostacoli nel suo scorrere. Lungo tutto il suo cammino si affaccia un paesaggio vario ed incantevole ma a volte severo e autorevole.

 

Il Cellina dà il nome a tutta la Valle, ma non vanno dimenticati gli altri torrenti e le altre splendide Valli che gli fanno compagnia.

 

 

CARO CELLINA

 

Fiume della sola mia infanzia e, per questo, della intera vita, per te vorrei scrivere “Danubio”  e comporre “Sulle rive del Danubio azzurro”, ma mi manca l’animo, e la bellezza la racchiudi geloso tutta in te.

 

Mi sono affrancato dal tuo essere primordiale e, nell’essermi distinto, non ti so ritrovare. Ti posso solo dedicare la mia corsa di ragazzo al tuo fianco, di quel giorno in cui mi hai rivelato bellezza e libertà, gratuità e riconoscenza, respiro e lode, col tuo passo silenzioso, col tuo andare fragoroso.

 

Aggrappato a una nicchia di roccia. Sotto, i flutti gorgoglianti, alogici, asimmetrici, caparbi, avidi, ribollenti.

 

Ognuno insegue la capacità di cancellare l’ansia, nemica del bene, l’insicurezza. Abbandonarsi ai flutti che così più non ti soverchiano, non ti ingoiano, ma ti sorreggono. E torni alla nicchia, se vuoi, per risposare un po’.

 

Ma anche questo riposo non lo riconoscerai. Ormai nuoti, ti lasci trasportare. Solo l’andare ha senso.

 

Come fanno a vivere i paesi che non hanno un fiume? E’ una domanda che ho inserito in una raccolta di aforismi, anche se tale non è e non ha un particolare vigore.

 

Evidentemente per me rappresenta la sintesi di un vissuto molto intenso, in relazione al fiume che scorre al mio paese dal nome Cellina.

 

Le acque calme erano il miglior colore che gli dèi del mote Raut avessero sulla tavolozza. Le acque caffelatte delle piene rumoreggiavano anche a due/tre chilometri nelle orecchie dei bambini che si addormentavano. Una ninna nanna. E ci si spostava volentieri fino al ponte di Ravedis per l’impetuoso spettacolo. La piena, soprattutto nella strettoia di Ravedis, dava un’idea della potenza della natura, che ci avrebbe impaurito se non fossimo stati certi della saldezza delle nostre rocce. Il Cellina è un leone che ritrae gli artigli all’imbocco della pianura. Le sue acque sprofondano nella ghiaia. Le montagne, antiche e salde, portano l’eterno. Le acque, giornaliere e mobili, portano la misericordia e la rinascita.

 

I suicidi sono avvenuti tutti a monte, nelle gole. Nello spazio dove il fiume si apre, apre anche la nostra mente, la voglia di continuare ad esserci, perché in quel punto sembra che anche il fiume abbia grandi progetti. Il progetto del mare.

 

Beno Fignon Cellina, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone.